L’uomo senza saperlo compone la propria vita secondo le leggi della bellezza persino nei momenti di più profondo smarrimento.
Milan Kundera – L’insostenibile leggerezza dell’essere
Qualcuno si starà sicuramente chiedendo cosa sia Cactus. Cactus è un gruppo informale di psicolog*: c’è tra di noi chi lavora in ambito clinico, chi nella scuola, chi fa ricerca, chi opera nel sociale. Ci uniscono profonde amicizie, oltre che tanta stima… ma soprattutto, in questi giorni di confusione e lentezza, ci siamo trovati numerose volte ad interrogarci – prima come umani e poi come professionist* – su quanto sta accadendo negli ultimi giorni, su quanto questo abbia un impatto sulle nostre sensazioni, emozioni, vissuti. L’idea di questa newsletter nasce dalla volontà di provare a condividere stimoli e riflessioni su tematiche che ci sembrano urgenti in questo momento. Non ci muove l’idea di dare suggerimenti o consigli esperti, ma quella prima di tutto umana di provare a cercare un senso e dei significati condivisi al momento particolare che stiamo vivendo. Ci piacerebbe che questa piattaforma fosse alimentata dalle vostre condivisioni. Tutt* noi crediamo che la possibilità di dare senso all’esperienza sia frutto di una co-costruzione e questo è il desiderio che abbiamo per questo spazio.
L’11 marzo 2020 l’OMS dichiara che il COVID-19 si caratterizza come una pandemia. Qualche ora prima – per gestire e contenere l’emergenza – il governo italiano decreta la chiusura di attività commerciali, bar, ristoranti, consiglia lo smart working e tendenzialmente – salvo necessità quotidiane – ci prescrive di stare a casa, almeno fino al 3 aprile. Ascolto la notizia dal mio schermo e mi sembra di essere già in un tempo diverso, un tempo antico che ricorda urgenze e accadimenti che non ho mai vissuto e proprio per questo un tempo nuovo per me.
I giorni precedenti sono stati come di preparazione a questo. Ho ascoltato la mia preoccupazione, quella delle persone che amo, ho visto le strade della mia città pian piano modificarsi, ho visto persone fondamentali per me andare via in preda al disorientamento. Sono stati giorni di grande necessità di contatto, di condivisione di paure, ma anche di incomprensioni e vuoti di comunicazione. E ora c’è bisogno di silenzio, di “…Obbedire al ritmo del tempo, abbandonarsi senza fingere ma senza disperarsi, gustando la gioia asciutta dell’attimo che ci è stato consegnato e riaffidandolo all’onda inesauribile della bellezza, alla purezza della meraviglia che sa creare l’impossibile della speranza e della gratitudine ” (Salonia – Sulla felicità e dintorni).
Mi fermo. Respiro. L’urgenza dell’ora ci chiede di fermarci, di trasformarci, di lasciare andare tutte quelle cose che riempiono il quotidiano. Ed è un contatto col vuoto repentino, immediato. Ma questa volta non mi spaventa. Ascolto il mio corpo, ascolto la mia paura, sento forte la mancanza degli altri che non posso accarezzare al momento. E in qualche strano modo mi sento profondamente grata per questo spazio che mi sembra di non aver mai avuto, per quest’occasione nuova – forse amplificata – per sentire.
In questo periodo – per un lavoro con il mio gruppo teatrale – ho tra le mani il libro di Tiziano Terzani – Un altro giro di giostra.
“Bisogna fermarsi per conoscersi, per essere sé stessi.” – dice.
East
In quest’epoca che ci chiede non fermarci mai, un virus invisibile costringe milioni di persone a casa. Ferme. Queste sembrano non tollerarlo e trovano ogni scusa per mettere il naso fuori di casa.
Stare fermi con le gambe ci impone di muoverci con la mente. Ci si ferma e si vede tutto quello che si muove intorno. Si ha tempo per guardare avanti e indietro e valutare dove si sta andando.
Ma dove stiamo andando?
Balla si sforza di riprodurre il movimento in un quadro, che sta fermo. Dopo più di cento anni ci rimane il quadro e il movimento non è nel quadro stesso ma nella nostra testa.
Di questo stare fermi cosa ci rimarrà?
Il Becca
(foto in copertina: Giacomo Balla, Le mani del violinista – 1912)
https://urly.it/34vv7
Human.online
Un link, il volto di una donna dagli occhi penetranti e ci sei: dritto in contatto con un altro umano, di chissà quale parte del mondo. Guardare l’Altro negli occhi, in silenzio, ti obbliga a fermarti: siete calati immediatamente, per un minuto, nel vostro essere semplicemente umani. Le vostre storie vi scorrono attraverso, ma rimangono sfondo. I vostri se, i ma, i perché rimangono, ma sono solo un’eco. Umani.