Penso novantanove volte e non trovo niente. Smetto di pensare, nuoto nel silenzio e la verità arriva da me
Albert Einstein
Cosa ci sta capitando?
Dove sono tutti? Dov’è quel brusio costante a cui siamo abituati? La folla, la corsa all’ascensore schivando il lento signore di turno, la fermata dell’autobus gremita di gente che lotta contro i ritardi?
Dove sono finiti tutti?
I dipinti abbandonati di Bence Hajdu sembrano raccontare la sensazione che stiamo provando in questo tempo – per usare un eufemismo – particolare.
Viene da esclamare un MA!
E cos’è questo ma?
È meraviglia, è thauma: è ritrovarsi a guardare qualcosa di familiare, del nostro sempre-stato e vederlo improvvisamente distorto (come ha ricordato Roger-Pol Droit, sabato scorso su Prendiamola con Filosofia).
È perturbante, per dirla con le parole di Freud.
Ci ritroviamo spettatori increduli della nostra vita precedente e di quella attuale e ci sembra familiare ed estranea allo stesso tempo, come questi quadri.
Ma quindi avremmo potuto metterla in discussione quella cosa lì?
La nostra vita era quella e avrebbe potuto non esserci.
Sembra di giocare a fare i filosofi, di chiedersi cos’è questo oggetto che uso per bere ogni giorno? perchè si chiama bicchiere? perché il mondo esiste? io esisto?
Sembra di fare la stessa cosa e forse è così: il Covid-19 ci rende tutti più filosofi, facendoci sperimentare la sensazione di orrore e meraviglia nello scoprire che quello che c’è potrebbe non esserci. Riusciremo a non dimenticare quello che si prova quando si è circondati dall’ignoto? Riusciremo a conservare l’incredibile meraviglia?
Siamo calati in un silenzio che sembra dirci: ehi, quello che c’era non c’è più… e mo?
Quelpostoche
Silence is all we dread.
There’s Ransom in a Voice
But Silence is Infinity.
Himself have not a face.
Il Silenzio è tutto ciò che temiamo.
C’è Riscatto in una Voce
Ma il Silenzio è Infinità.
In sé non ha un volto.
Emily Dickinson
Mi chiedono – da una delle rotonde più trafficate di Torino – “Hai mai provato a fare un pisolino qui?” Veramente no, ma immagino che in questo periodo sia molto diverso.
Traffico: quasi nullo.
Campanelli delle biciclette: zero.
Vociare dei passanti: no, quei pochi che girano non hanno voglia di fare chiacchiere.
Ed ecco che fare un pisolino risulta possibile e piacevole, ascoltando il suono – non il silenzio – della città. Vi invitiamo a farlo con il sottofondo magistrale creato da Max Casacci.
IL SILENZIO è COSA VIVA
Un testo del 2018 della poetessa e traduttrice milanese Chandra Livia Candiani. 133 pagine dedicate al tema della meditazione, ma profondamente evocative rispetto all’esperienza della consapevolezza, della possibilità di sostare nel silenzio, dell’immensa risorsa contenuta nei gesti semplici e nella quotidianità. Una riflessione profonda sulla possibilità di entrare in contatto ed accogliere la propria intimità e la propria delicatezza.
In un pezzo di estrema potenza, Chandra ci ricorda che: “Fondamentalmente è questo che la frequentazione del silenzio e del lasciar essere crea: fiducia. Non ha molta importanza in cosa, una fiducia radicale e insieme minimale, anche solo che ci sia un sentiero e che sia percorribile, che ci sia una stanza, che ci si possa sedere, che il dolore o la gioia possano stare seduti con noi, in noi nella stanza, che possano essere compresi.”
Una lettura da Racconti in tempo di Peste.
Eastita
Cosa accade quando la parola fatica ad emergere? Nell’esperienza dell’ afasia – alterazione neurologica che può compromettere la produzione e/o la comprensione del linguaggio – si tratta di una sfida quotidiana. Nello spazio vuoto lasciato dal verbale può – tuttavia – accadere la magia di riscoprire i volti, gli occhi, le mani, i corpi e tutta la loro potenza comunicativa.
Teatro Babel – progetto torinese di Teatro Sociale e di Comunità ideato e condotto da Lorena La Rocca – porta l’afasia sulla scena teatrale, con l’obiettivo di potenziare le competenze di un gruppo integrato di attori afasici e giovani in formazione e sensibilizzare la comunità su questi temi. Per Grotowski Il teatro non è indispensabile. Serve ad affrontare le frontiere tra te e me.
Un breve trailer del lavoro Parole Dentro – liberamente ispirato a L’ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett.