Nascere con un cognome ingombrante è qualcosa che pochi hanno il privilegio e la sfortuna di sapere cosa vuol dire. Quando tuo padre è poi l’inventore della psicanalisi e perlopiù decidi di seguire le sue orme professionali, possiamo solo immaginare la pressione dell’ombra genitoriale sulla vita e la carriera di Anna Freud.
Possiamo però dire senza ombra di dubbio che si è dimostrata pienamente alla sua altezza, visto l’impatto che i suoi studi e la sua ricerca hanno avuto nella storia della psicologia tutta, visto che oggi la ricordiamo come la prima vera teorizzatrice della psicoanalisi infantile.
Anna Freud è una figura eccezionale sia come studiosa e pioniera nel suo ambito professionale, sia come figura dalla peculiare parabola umana, culturale e di vita.
Fu la prima psicoanalista a sistematizzare le teorie del padre sull’infanzia e sullo sviluppo, introducendo concetti nuovi e fertili per le ricerche a venire. Promosse l’osservazione dei bambini nei contesti quotidiani come strumento di conoscenza e approfondimento delle loro dinamiche – cosa non scontata all’epoca – promuovendo poi interventi pratici in un centro clinico dedicato fondato ad Hampstead, a nord di Londra.
Teorizzò che uno sviluppo adeguato e sano nei primi anni di vita avvenisse necessariamente in un ambiente positivo caratterizzato da amore e premura, tutto questo, ricordiamo, all’interno di una società dell’epoca dall’approccio educativo spesso rigido e trascurante verso lз più piccolз!
Anna promosse una visione della salute nell’infanzia che coinvolgesse tutte le figure che ruotano nel mondo dell’educazione, con le quali instaurò un dialogo sia operativo che di condivisione di idee e principi.
Un approccio di sistema rivoluzionario non solo per l’epoca, ma attuale ancora oggi, dove spesso lз prfessionistз dimenticano di non essere solз e accade che si formino isole di servizi e strutture che non comunicano tra loro.
Nel contesto della teoria triadica della personalità, formata dai celeberrimi Super-Io, Es ed Io, Anna Freud concentrò l’attenzione su quest’ultimo, il più schifato fino a quel momento dal resto della società psicoanalitica, cioè l’istanza che attraverso le scelte governa il selvaggio e pazzerello Es e contiene e incanala le richieste del rigidone Super-Io.
Era convinta che l’Io emergesse nell’infanzia prevalentemente attraverso il gioco e che quindi questo fosse il veicolo espressivo delle pulsioni interne, come l’aggressività, che per l’adulto sono più parlabili: ancora oggi la maggior parte degli approcci alla cura dell’infanzia hanno nel gioco il luogo privilegiato di osservazione per capire e avvicinarsi allз cucciolз d’uomo.
Proprio sui metodi di trattamento dei bambini e delle bambine entrò in un celebre scontro ad armi psicoanalitiche con nientepopodimeno che Melanie Klein, altra figura pioneristica della psicologia dell’infanzia. Le loro diatribe teoriche dopo anni di confronti, lettere e conferenze incrociate si risolsero con la creazione di due percorsi formativi separati all’interno della società psicoanalitica che promuovevano i due diversi approcci: contentз tuttз e pace fatta!
Sono proprio aneddoti biografici come questo che dimostrano l’eccezionalità di Anna Freud come figura culturale di cui possiamo immaginare la fatica ad emergere, in quanto donna, in una società profondamente maschilista, sia in generale sia all’interno della psicoanalisi. Forse anche per questo dovette tenere segreta la sua quarantennale relazione con Dorothy Burlingham, psicoanalista statunitense figlia e nipote degli iconici gioiellieri di New York Tiffany e Co., con la quale si formò un rapporto intensissimo di collaborazione professionale, umana e di ricerca.
Ultima di sei figli, è noto che Anna non fu voluta e che da piccola era trascurata dai suoi genitori. In puro stile psicanalitico, possiamo azzardare un’interpretazione rispetto alla nascita del suo interesse per le teorie dello sviluppo a partire proprio da una necessità di elaborare la sua travagliata infanzia.
Già a 13 anni cominciò a partecipare alle riunioni della società psicanalitica viennese: alla faccia della precocità! Anna a breve, dopo esser stata poco considerata da piccolissima, divenne la figlia prediletta del padre, con cui si confrontava continuamente e con cui cominciò un’analisi 6 sere a settimana per ben 4 anni, un qualcosa che deve averli avvicinati parecchio, per usare un eufemismo!
Anna non si laureerà mai, intraprese la carriera come maestra elementare stroncata da una tubercolosi, il cui periodo di convalescenza la portò, però, a gettarsi completamente nella psicoanalisi, portandola poi ai vertici del riconoscimento internazionale per i suoi sforzi teorici e didattici. Promosse e gestì per anni un suo corso di formazione, e, visti tutti i suoi sforzi per far progredire la psicoanalisi tramite pubblicazioni, conferenze e ricerche, divenne presidentessa onoraria della Società Psicoanalitica Internazionale nel 1973, incarico che manterrà fino alla sua morte nel 1982.