«Ciò che apprendiamo sul bambino e sull’adulto attraverso la psicoanalisi rivela che tutte le sofferenze della vita successiva sono per la maggior parte ripetizioni di quelle precedenti»
Festeggiamo oggi l’anniversario della nascita di Melanie Klein: austriaca, considerata una delle donne più importanti della psicoanalisi, pioniera nell’ambito della psicologia infantile e ferma sostenitrice – in tempi insospettabili – di un mondo psichico interno abitato da varie entità, che lei definisce “oggetti” e che amano, odiano, distruggono, invidiano e animano la vita affettiva di ciascuno di noi e influenzano il nostro modo di relazionarci.
L’originalità della cara Melanie, che in foto vedete nella versione di tenera vecchina, sta, più in particolare, nell’aver intuito che le nostre esperienze emotivo-affettive influenzano la nostra lettura degli eventi e delle persone, nonché il nostro modo di lavorare, giocare, apprendere. Melanie fu la prima a intendere il gioco come diretta espressione dei processi inconsci e ad utilizzarlo nella terapia con i bambini, al pari delle associazioni verbali degli adulti.
Divorziò nel 1924 dal marito Arthur e si dedicò alla sua attività di terapeuta, attraversando tutto l’ostracismo della società nei confronti di una donna divorziata.
Ha dedicato tutta la sua vita alla sua professione, lasciando una lunghissima bibliografia tra saggi e articoli, e compiendo piccole grandi rivoluzioni teoriche.
La Klein colloca al centro delle sue formulazioni teoriche e cliniche le relazioni oggettuali: cioè l’origine, l’organizzazione e il contenuto degli oggetti che animano il nostro mondo interno. Melanie parte dal modello strutturale di Freud per arrivare a formulare come le pulsioni e le immagini (del mondo e dell’altro) da esse derivate, abbiano origine nell’individuo e seguiranno una sequenza maturativa, man mano che verranno trasformate e modificate attraverso interazioni tra l’individuo e il mondo degli altri.
L’essere umano è guidato da forze, pressioni interne, che costituiscono sentimenti diretti verso gli altri, reali o immaginati. Le pulsioni, per la Klein, sono relazioni: contengono oggetti, costituiscono sentimenti diretti verso altri e utilizzano il corpo come veicolo di espressione.
Relativamente allo sviluppo del bambino, una delle sue formulazioni teoriche più importanti riguarda l’idea che la maturazione avvenga attraverso l’occupazione di diverse “posizioni” che possono essere occupate e quindi sperimentate più volte, a differenza delle fasi di cui parlava Freud, ad esempio. Melanie individua una posizione detta “schizoparanoide” in cui si fa esperienza di due opposte pulsioni – libidica e aggressiva – che comporta una scissione tra oggetto buono e oggetto cattivo; e una posizione detta “depressiva”, più matura, in cui è possibile sperimentare l’ambivalenza e integrare nello stesso oggetto parti buone e parti cattive. Lo spostamento tra una posizione e l’altra non è mai definitivo e anche nella vita adulta è possibile sperimentare dinamiche o momenti assimilabili alle due posizioni. La posizione depressiva descritta dalla Klein implica il difficile compito di padroneggiare il senso di colpa, ma permette di accedere a un atteggiamento di riparazione. E’ come se il bambino (o l’adulto inserito in una dinamica in cui scinde buono e cattivo) riconoscesse di aver trattato come oggetto cattivo il proprio oggetto amato (buono) e iniziasse a muoversi verso una limitazione delle proprie pulsioni distruttive e la costruzione di un oggetto stabile dentro di sé, totale e non più parziale e più simile a quello reale. Tale evoluzione permette sia la costruzione di un Io forte, più capace di affrontare le frustrazioni e le difficoltà, sia la possibilità di amare l’altro.