Confine s. m. [dal lat. confine, neutro dell’agg. confinis «confinante», comp. di con- e del tema di finire «delimitare»]. – 1. a. Limite di un territorio, di un terreno: il c. del campo è segnato da una pietra. Nel linguaggio giur., c. fondiario, quello che delimita l’estensione della proprietà fondiaria circoscrivendo lo spazio entro cui il proprietario può esercitare pienamente il suo diritto. b. Limite di una regione geografica o di uno stato; zona di transizione in cui scompaiono le caratteristiche individuanti di una regione e cominciano quelle differenzianti: c. naturale, quello che s’identifica, più o meno, con linee prestabilite dalla natura, quali coste, crinali di montagna, fiumi, ecc.; c. politico, quello stabilito per convenzione tra governi, che separa due organismi politici mediante una linea di confine la quale, quando è possibile, è costituita da una fascia disabitata con funzioni di isolamento: il c. tra l’Europa e l’Asia, tra la Francia e la Spagna; varcare il confine. Spesso al plur.: i c. orientali dell’Italia; tracciare i c.; demarcazione dei c.; nei c., entro i c., nel territorio: portarono la guerra nei c. stessi del regno. 2. a. concr. Pietra, sbarra, steccato o altro che segna il confine di un terreno: mettere, levare, spostare il confine. b. estens. Limite, termine in genere: i c. della terra; Il mar sonante a fronte ha per confine (Marino); Giunta al confin del cielo … Nell’infinito seno Scende la luna (Leopardi); senza confine, senza confini, sterminato, illimitato: una pianura senza confine, un deserto senza confini. In usi fig.: essere al c. tra la vita e la morte; tenersi entro i c. del giusto e dell’onesto; i c. della scienza, del conoscere umano; passare i c., eccedere (più com. passare i limiti); oltre i c. naturali, oltre quanto è concesso dalla natura.
Dizionario Treccani
La parola confine non deve necessariamente avere una connotazione negativa se teniamo a mente che è ciò che ci dà la possibilità di differenziarci dall’altro e di esistere e definirci come individui a se stanti. Così come il confine geografico serve a delimitare due realtà diverse, così il confine psichico svolge la stessa funzione: definire il sé e il non sé, differenziare tra ciò che appartiene a me e ciò che è dell’altro.
[vivere senza confini? Ehm parliamone]
Nella vita adulta i confini sono un requisito essenziale per poter entrare in contatto con l’Altro senza perdersi o entrare in una condizione in cui i propri pensieri ed emozioni sono fusi e confusi con quelli dell’altro.
Avere dei confini solidi ci permette di sperimentare la vicinanza con l’altro, empatizzare con le sue emozioni permettendoci però di separarci quando vogliamo: immaginate se venisse da voi unə vostrə amicə piangendo perché è appena statə lasciatə dal partner e voi iniziaste a piangere disperatз allo stesso modo senza riuscire a consolarlə.
Mettereste in una condizione molto difficile lə vostrə amicə che probabilmente si sentirebbe in colpa e fingerebbe di star meglio solo per far stare meglio voi e questo probabilmente non vi renderebbe dellз ottimз amicз.
I confini sono dunque un pre-requisito essenziale per poter entrare in relazione, ci proteggono e sono in fin dei conti una membrana permeabile che ci delimita e che permettere il passaggio dall’interno all’esterno (e viceversa) di contenuti che noi decidiamo di far entrare e di far uscire.
Il confine psichico tra noi e l’altro nasce dalla differenziazione dell’Io del bambino a partire dai primi mesi di vita: come illustrato sapientemente da Margareth Mahler, a partire da una condizione di simbiosi (una fusione in cui madre e bambino sono una cosa sola) il bambino nel corso dello sviluppo inizia a riconoscere l’Altro nella madre e a distinguere tra ciò che è Io e ciò che è Non-io, fino a definire nel corso dello sviluppo i suoi confini e a potersi quindi separare dalla madre come individuo autonomo.
Questo processo, che porta il suggestivo nome di Separazione-Individuazione, secondo l’autrice è un processo di sviluppo “naturale” ma qualche anno più tardi Winnicott aggiunge degli importanti tasselli, riconoscendo alla madre un ruolo chiave in questo processo di definizione che no, Marghe, non avviene in automatico come dicevi tu.
Affinché il processo di costruzione di confini psichici ed emotivi possa andare a buon fine è essenziale che il bambino viva un’esperienza di rispecchiamento con una madre sufficientemente buona, in grado di fornigli anche adeguate esperienze di handling e holding (se avete bisogno di un refresh ne abbiamo parlato qui): è proprio la capacità della madre di tenerlo a mente come individuo separato, con una propria vita psichica ed emotiva distinta da quella materna, a permettere lo sviluppo di un Sé integrato e definito.