Quali sono le origini del PRIDE?
Era il 28 Giugno del 1969. La polizia di New York, com’era consuetudine, faceva irruzione allo Stonewall Inn, un locale noto per essere frequentato dalla comunità LGBT.
Ai tempi era considerato normale che chi non indossasse abiti secondo la società consoni al proprio sesso venisse presə in custodia, arrestatə e/o subisse umiliazioni e atteggiamenti violenti da parte della polizia.
Il cross-dressing era considerato illegale.
L’omosessualità era vista come un disturbo mentale*.
La comunità LGBT emarginata e colpita proprio nei pochi luoghi in cui poteva sentirsi protetta e libera di esprimersi.
Sono tante le versioni su che cosa accese la reazione quella notte: ciò che è certo è che si scatenò un movimento di solidarietà interna alla comunità che diede il via a una lotta combattuta a suon di orgoglio ed empowerment.
Quell’evento diede il La per la nascita, in America e nel mondo, di diversi gruppi e associazioni in difesa dei diritti degli omosessuali.
Un anno dopo venne organizzata una marcia a Central Park per commemorare i fatti dell’anno precedente: quella parata entrò nella storia come il primo Gay Pride.
Il Pride ci parla del rivendicare il diritto a essere chi si è senza dover subire conseguenze e del lottare per un riconoscimento sociale, politico, culturale e per una tutela politica.
Perché ancora oggi e storicamente la comunità LGBT subisce odio e discriminazione?
Perché mette in dubbio e scardina un’ampia fetta di un rigido sistema di regole non scritte che vorrebbe orientarci nella società dentro cui viviamo, ma che finisce spesso per creare un sistema di potere costituito da chi gode di privilegi e chi subisce i privilegi di qualcun’altro fino a diventare oggetto di discriminazione e violenza.
Qual è l’origine dell’OMOFOBIA?
La parola fu coniata nel 1966 dallo psicoterapeuta George Weinberg definendola come la paura irrazionale, l’intolleranza e l’odio nei confronti delle persone omosessuali da parte della società eterosessista.
Il termine clinico fobia indica in genere una paura angosciosa attivata da una situazione, un oggetto o una rappresentazione mentale che pur essendo riconosciuta come irragionevole non può essere dominata e che viene spesso gestita attraverso comportamenti di evitamento.
Nel caso dell’omofobia ci troviamo di fronte a una fobia operante come un pregiudizio.
L’omofobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia si configurano come disagio, svalutazione e avversione nei confronti delle persone omosessuali, bisessuali, lesbiche e transgender, legati a un sistema di stereotipi e pregiudizi che definisce rigidamente le caratteristiche a cui maschi e femmine devono aderire.
Il tema dell’identità sessuale è un territorio vario e sfaccettato e proprio per questo è spesso oggetto di pregiudizi e stereotipi che aiutano a semplificare e ridurre l’ansia che la complessità spesso evoca.
Un modo più funzionale per ridurre il mal di mare da complessità è la cultura.
Ecco quindi alcune definizioni legate al tema:
Identità sessuale: aspetto dell’identità di una persona che nasce dall’incontro di aspetti biologici, psicologici, educativi e socioculturali.
Sesso biologico: appartenenza biologica al sesso maschile o femminile determinata dai cromosomi sessuali.
Identità di genere: senso soggettivo di appartenenza della persona alle categorie di uomo o donna o altro rispetto a queste due polarità.
Ruolo di genere: espressione culturalmente e socialmente definita dell’identità di genere. È l’insieme delle aspettative su come gli uomini e le donne si debbano comportare in una data cultura, società e periodo storico.
Orientamento sessuale: indica il genere e le caratteristiche sessuali oggetto di attrazione erotico-affettiva.
Queer: letteralmente “strambo”, “eccentrico”. Oggi è un termine utilizzato per indicare tutte le soggettività che non aderiscono alle aspettative della società eteronormativa che identifica come “normale” un’identità sessuale cisgender, eterosessuale e in linea con i canoni che la società promuove rispetto ai ruoli di uomo e di donna.
Cisgender: gli uomini e le donne cisgender sono quelli che si riconoscono nel genere corrispondente al loro sesso biologico (esempio: sono biologicamente maschio, mi sento un uomo).
Transgender: le persone transgender sono quelle che si riconoscono nel genere opposto al loro sesso biologico (esempio: sono biologicamente maschio, mi sento una donna).
Crossdressing: l’atto o l’abitudine di indossare abiti o accessori che in un determinato contesto socio-culturale vengono associati al sesso opposto.
Binario e non-binario: Quando si usa il termine “non-binario” per descrivere l’identità di genere di una persona, significa che questa persona non si identifica con le categorie tradizionali di uomini o donne. Il binarismo di genere è l’idea che esistano solo due categorie di esperienze di genere.
Eterosessismo: Negli anni ‘80 si iniziò a parlare di eterosessismo denunciando come la società fosse regolata da un sistema che non riconosceva e non tutelava le persone LGBT da un punto di vista sociale, economico e legale. E’ eterosessismo anche dare per scontato che la persona che abbiamo davanti sia eterosessuale.
Minority stress: si tratta dello stress derivato dall’occupare uno status minoritario all’interno della società e dei suoi effetti sul benessere psicologico delle persone omosessuali. Poiché inserite all’interno di una società eterosessista, sono soggetti a uno stress cronico legato alla loro stigmatizzazione. Si declina in:
- omofobia interiorizzata: la persona omosessuale può essere condotta a vivere il proprio orientamento sessuale in modo conflittuale o, nel caso estremo, a negarlo, contrastarlo e nutrire sentimenti negativi nei confronti degli altri omosessuali
- stigma percepito: a partire dalla percezione del rifiuto sociale, la persona omosessuale adotta un livello di vigilanza relativo al timore di essere identificato come gay o lesbica;
- esperienze vissute di discriminazione e violenza che possono avere caratteristiche traumatiche acute e/o croniche.
Empowerment: La conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, sia nell’ambito delle relazioni personali sia in quello della vita politica e sociale.
* Nel 1957 Evelyn Hooker, somministrò test a gruppi omo ed eterosessuali per esaminare se fosse possibile differenziare il loro funzionamento psicologico. I protocolli dei test dei due gruppi, valutati in cieco rispetto all‟orientamento sessuale dei soggetti, si rivelarono non distinguibili, non era possibile dunque identificare dei markers psicopatologici dell’omosessualità. Questo risultato diede una prova concreta che l’omosessualità non fosse da considerarsi una categoria diagnostica. Nel 1974 la voce omosessualità viene eliminata dal DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Fabiana Arena